l tribunale di Milano (sentenza del 13 giugno 2011, depositata il 12 settembre, n. 9965) riconosce per la prima volta il risarcimento del danno al convivente omosessuale per la perdita del suo compagno in un incidente stradale.
Il Tribunale fa proprio l’insegnamento della Corte di Cassazione, secondo la quale il diritto al risarcimento a favore del convivente more uxorio sorge quando risulti dimostrata l’esistenza di una relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e mutua assistenza morale e materiale.
Nonostante ciò va sottolineato il grande errore nel quale incorre il giudice nelle motivazioni, nelle quali si affretta a precisare che questa decisione non significa "equiparare in alcun modo la convivenza omosessuale alla famiglia, né legale né di fatto" e che nessun rilievo hanno per l'Italia le recenti decisioni della Corte europea dei diritti umani, che ha più volte equiparato le coppie conviventi dello stesso sesso a quelle di sesso diverso in quanto estranee alla nostra Carta costituzionale.
Tale presa di posizione del Tribunale di Milano si pone in netto contrasto con la sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale che ha definitivamente chiarito che una coppia formata da persone dello stesso sesso merita lo stesso riconoscimento giuridico di una coppia formata da persone di sesso diverso in base all'art. 2 Cost.
Due conviventi dello stesso sesso costituiscono una famiglia di fatto allo stesso modo di due conviventi di sesso diverso. Almeno ciò, in attesa del pieno accesso al matrimonio, non può essere più negato.
Avv. Antonio Rotelli
Presidente Avvocatura per i Diritti LGBT
NOTA: La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Milano, sezione penale, in un procedimento che vedeva imputato un automobilista che aveva provocato la morte di una persona nel corso di un sinistro stradale. Il Tribunale aveva già riconosciuto come parte civile il partener omosessuale e in sentenza ha anche riconosciuto la sussistenza del diritto al risarcimento.
Il Tribunale ha giudicato rilevanti al fine del risarcimento la sussistenza di una stabile relazione affettiva e di convivenza - provata in dibattimento mediante l'assunzione di prove testimoniali- durata quasi 15 anni tra la vittima e la parte civile, tra le quali vi erano anche intensi rapporti professionali. A causa della morte, il compagno ha subito uno stato depressivo anora attuale, che ha anche prodotto un sensibile decremento dell'attività lavorativa e professionale.
La liquidazione del danno nel suo ammontare è stata riservata ad un separato giudizio.
In allegato sono disponibili le parti rilevanti del testo della sentenza.
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