Corso in Storia dell’intervento pubblico nell’Economia del Mezzogiorno - Sud, vent’anni di solitudine

E’ stato presentato nei giorni scorsi il Corso di Storia dell’Intervento pubblico nell’Economia del Mezzogiorno presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro. Titolare della cattedra è il prof. Giuseppe Soriero, già sottosegretario ai Trasporti nel governo Prodi e autore del volume “Sud, vent’anni di solitudine” (Donzelli, 2014). Più di duecento gli studenti che hanno partecipato all’incontro di presentazione, moderato dal giornalista Luigi Mariano Guzzo. “C’è una bella suggestione di Leonida Rèpaci –ha detto Guzzo-: ‘Quando fu il giorno della Calabria…’. Ma oggi ci dovremmo chiedere: Quando sarà il giorno della Calabria, e del Meridione d’Italia, in generale? Chi pensa di trovare nel libro del prof. Soriero soltanto un resoconto analitico, documentato e dettagliato della Storia dell’Intervento pubblico nel Sud d’Italia si sbaglia. Certo il libro è anche questo. Ma non è solo questo. E non è solo questo perché la storia, anche e soprattutto la storia dell’economia, per non apparire un contenitore di nozioni imbalsamate deve per forza aprirsi all’offrire spunti di prospettive future per lo sviluppo economico e sociale della nostra terra”.

Al seminario, oltre al prof. Soriero, sono intervenuti anche il prof. Nicola Ostuni, coordinatore del Corso di laurea in Economia aziendale, il prof. Vittorio Daniele, docente di Economia politica, Damiano Carchedi, coordinatore della Consulta degli Studenti dell’Area Giuridica,  Sebastian Ciancio, Presidente Emerito della FUCI di Catanzaro, e Lucia Franco, collaboratrice della Cattedra di Storia dell’Intervento pubblico nell’Economia del Mezzogiorno.
Il prof. Ostuni ha delineato una privilegiata ottica cui leggere il fenomeno del divario tra Nord e Sud, “un divario –ha sottolineato- che si incrementa a partire dall’Unità”. “Il Nord –ha affermato il prof. Ostuni- gode delle commesse dello Stato che il Sud non ha più. Si costruiscono industrie al Nord per motivi politici ed il Sud rimane fuori dai processi di industrializzazione”.
Per il prof. Daniele, “tutti i Paesi hanno differenze regionali disviluppo, ma in Italia pemane uno squilibrio molto forte nella capacità di produzione tra Nord e Sud e se diverse sono le capacità di produzione diverse sono anche le capacità di lavorare”. “Il problema –ha continuato Daniele- è che negli ultimi dieci anni l’Italia non si è sviluppata. Inoltre a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, il Mezzogiorno è diventato un problema regionale, un problema meridionale, e non è più una questione nazionale”.
“La rassegnazione ci ha fatto arretrare , il voto clientelare ci ha fatto arretrare , il silenzio ci ha fatto arretrare - ha aggiunto Carchedi - il dare la colpa sempre e solo agli altri ci ha fatto arretrare , il voltarci dall'altra parte ci ha fatto arretrare , il sentirci superiori agli altri , il nostro essere ipocriti. Il divario con il nord non è solo economico , è soprattutto morale e culturale. Il dire sempre ‘è colpa della Mafia’ quando nella realtà non ci chiediamo né cosa abbiamo fatto per la nostra terra, né chi è lo Stato e chi davvero l'Antistato. Ma soprattutto: che prezzo siamo disposti a pagare per cambiare la nostra terra ?". Interrogativo a cui anche Ciancio ha provato a rispondere, additando la classe politica degli ultimi vent’anni e dichiarando che “l’attenzione al Mezzogiorno è soggetta a troppi alti e bassi, un’attenzione spesso pre-elettorale o un’attenzione di proclami senza poi risvolti concreti. Una prospettiva politica troppo attenta alla malattia o alla medicina e mai abbastanza al malatoOccorre per questo un’attenzione pratica che guardi al problema, che guardi alla gente.”. Pure il Prof. Giuseppe Soriero ha rimarcato le responsabilità proprie di una classe dirigente meridionale che non ha saputo cogliere le occasioni che negli ultimi vent'anni si sono presentate per promuovere il rilancio del mezzogiorno, denunciando il fallimento del regionalismo che la suddetta classe dirigente ha declinato in termini solo ed esclusivamente negativi, trasformandolo da opportunità, in mezzo per la conservazione del potere di un ceto politico che ha fatto largo ricorso al clientelismo e alla corruzione.

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