Generazione Borsellino, il sogno di quei giovani che volevano cambiare il mondo

Quando ti iscrivi alla facoltà di giurisprudenza pensi di poter cambiare il mondo. L'abbraccio tra Borsellino e Falcone è impresso nella mente ogni studente che si approccia al mondo del diritto. Entri in Università a vent'anni e pensi di poter davvero rivoluzionare le cose. E per un certo periodo della tua carriera universitaria questa sensazione diventa sempre più realtà. Dai primi passi sul digesto romano e sui manuali di diritto privato arrivi finalmente a sfogliare i codici. Inizi a leggere sempre con più insistenza la parola ''giustizia''. Pensi che allora sì, è la volta buona, gli uomini che ti hanno preceduto hanno capito gli errori commessi e hanno messo nero su bianco un codice morale che dovrà guidare la tua generazione per cambiare veramente il sistema. Anzi, per ribaltarlo da cima a fondo. Corruzione, raccomandazioni, clientelismi, mafia. Inizi a sognare di poter relegare alla storia queste parole.


Inizi a sentirti parte di questa guerra "contro il male", ti vedi lì nella trincea del diritto a combattere a fianco agli eroi. Uomini che con coraggio e abnegazione hanno provato prima di te a lottare contro un nemico invisibile. Poco importa se sarai avvocato, pubblico ministero, giudice, poliziotto, perché senti che riuscirai a cambiare le cose anche per loro. Uomini lasciati soli, dalle istituzioni, dalla politica, ma che da soli hanno avuto il coraggio di continuare in mezzo alla terra bruciata fatta intorno a loro.
I libri aumentano e con loro i sogni, senti di essere sulla strada giusta, oltre l'ogni ragionevole dubbio. Hai la fortuna di incontrare professori fantastici, studiare sui manuali dei più grandi maestri del nostro diritto. Le notti passate sui libri, le feste chiusi in casa a "ripetere" perché dopo il Natale, dopo la Pasqua, dopo l'estate hai un esame. Per chi vuole lottare c'è sempre un esame. Agli amici che ti chiedono chi te lo faccia fare, tu non rispondi perché sai che non capirebbero ma dentro di te la risposta la sai già.
Lo faccio perché cambierò le cose. Finalmente arriva il giorno in cui puoi indossare la corona d'alloro, una delle gioie più grandi della tua vita. Ma in poco tempo tutto cambia, ti senti perso, confuso, solo. La gioia dei parenti e le congratulazioni dei tuoi cari lasciano presto il posto alla consapevolezza di essere arrivato finalmente lì, a testa alta, di fronte a un sistema che avevi visto solo da lontano. La tua voglia di cambiare il mondo si arena di fronte alle centinaia di curriculum e colloqui che ti aspettano, all'avvocato che pensa di farti fare la rivoluzione di fronte ad una fotocopiatrice, alle raccomandazioni che tagliano le ali ai talenti e prolungano l'agonia di un sistema malato. Ti chiedi dove sei finito e vorresti ritornare tra le odiate pagine dei tuoi libri a respirare giustizia, vorresti tornare ad ascoltare i tuoi professori che ti parlano di diritti, loro ultimi sognatori che ci credono ancora.
Intanto capisci che l'impresa vera non è cambiare il sistema ma pagarsi l'affitto, arrivare a fine mese e costruirsi un futuro, con buona pace dei tuoi sogni e del tuo talento. Perché qua fuori non aiutano nessuno, nemmeno chi voleva cambiare il mondo.

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